Monday, April 14, 2008

FUTURISMO e DESIGN

"Il Mito della Velocità"
Arte, motori e società nell’Italia del ‘900.
Palazzo delle Esposizioni – Roma, via Nazionale 194.Dal 19 febbraio al 18 maggio 2008.
(a cura di Eugenio Martora e Patrizia Pietrogrande)


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Il tema della velocità è al centro di questa suggestiva esposizione, coprodotta da Azienda Speciale Palaexpo e Contemporanea Progetti. Un tema declinato in tutte le sue forme, mediante un allestimento dal forte impatto scenografico, che ripercorre cronologicamente le vicende del ‘900, giungendo a esplorare affascinanti e suggestivi scenari futuri. In primo luogo pertanto il tema dei motori inscindibilmente connesso con l’arte, è la chiave di lettura per seguire e interpretare altri percorsi fondamentali: il design, il cinema e la moda, in un percorso capace di raccontare un secolo di società italiana.
Automobili di varie epoche, motociclette, aerei, fotografie storiche e video accompagneranno i visitatori in un viaggio dell’anima e del corpo, culturale e sensoriale, attraverso la storia del nostro Paese, guardata con gli occhi di chi l’ha pensata, scritta e vissuta in continua accelerazione.







Tullio Crali: "Abito scomponibile", 1932. Mart, Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.










Fortunato Depero: "Ciclista moltiplicato", 1924. Collezione privata. Courtesy Galleria Fonte d'Abisso, Milano.

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Gerardo Dottori: "Trittico della velocità", 1925-26
Museo Civico di Palazzo della Penna, Perugia.

1) "Il via"








2) "La corsa"








3) "L'arrivo"






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Fiat: "Idrovolante C29, 1929. Museo Storico dell'Aeronautica Militare.


Il percorso della mostra riesce così a farci soffermare sui momenti più significativi della storia della velocità in Italia: la poetica futurista di Marinetti, la nascita delle grandi case automobilistiche, la conquista della terza dimensione e dei cieli, la storia del lavoro dei grandi car designer, il boom economico italiano, l’accelerazione delle comunicazioni grazie alla nuova grande frontiera di internet, fino a giungere ai nostri giorni, all’ancora ricco e inesplorato mondo della velocità moderna, raccontato grazie all’affascinante, quanto rilevante, contributo scientifico dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; grazie al quale il visitatore sarà accompagnato a riflettere intorno a tre particolari declinazioni del concetto di velocità: la velocità della luce, la velocità della materia e la velocità dell’informazione.





T. Santacroce: "Aerodanze 4. Danza aerofuturista", 1931. Mart, Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.










Lamborghini Miura, anno di produzione 1966. Centro Eccellenza Automobili Lamborghini.

Lo spettacolare e inedito connubio di motori, arti figurative, cinema, moda e design dimostrerà come il concetto di velocità e il mito ad essa connesso abbiano influenzato e trasformato la nostra società nel corso del Novecento, modificando profondamente anche i linguaggi e le forme dì espressione.





Moto Guzzi V 8 cilindri, 1957. Collezione privata.
















Fausto Sarli: abito "Elica", 1988-89. Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma.
La mostra è suddivisa in sezioni, lo spettatore si trova quindi a percorrere un suggestivo ‘circuito’ ideale pensato e sviluppato grazie all’apporto di importanti esperti come Giovanni Lista per le arti figurative, Alberto Barbera per il cinema, Sofia Gnoli per la moda, Marco Montemaggi per i motori e Giuseppe Furlanis per il design.




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Sunday, April 13, 2008

Paco Peña e la "Flamenco Dance Company".

Ritmi tribali dell'Andalusia per toccare l'anima della gente.

di Ettore Mosciàno
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Paco Peña ha iniziato a suonare a 12 anni, come accompagnatore di vari gruppi. Non potendosi permettere di pagare le lezioni, perché di famiglia numerosa e non abbiente, si faceva spiegare dai compagni, che frequentavano lezioni di musica, ciò che essi avevano appreso.
Nato a Cordoba l’1 giugno 1942, nel 1963 va a Londra per imparare la lingua inglese. Nei successivi tre anni viaggiò tra Inghilterra e Spagna, fino a quando non fu completamente riconosciuto come un chitarrista concertista e acclamato per tutta l’Europa, in Giappone, Hong Kong, Australia e in altri luoghi.
Primo musicista flamenco a suonare in un Conservatorio spagnolo di Musica, si è esibito per una stagione al “Ronnie Scott’s London Jazz Club”, alla “Royal Albert Hall”, al “New York’s Carnegie Hall” e nella “Concertgebouw” di Amsterdam.

Ha fatto numerosi recitals con John Williams, altro famosissimo chitarrista di fama mondiale, australiano, e altri chitarristi ancora, cantanti e gruppi, attraversando diversi generi musicali, dal classico al jazz, al blues, al country e al latino americano.

Paco Peña impersona l’autenticità e l’innovazione nel flamenco. Come chitarrista, compositore, drammaturgo, produttore, artista- ambasciatore, egli ha trasformato la percezione di questa antica e tipica forma d’arte spagnola.

Nel 1970 Paco ampliò la sua attività fondando il “Gruppo Flamenco Puro”, con due danzatori, due cantanti e un altro chitarrista, oltre a se stesso. Era un tentativo sperimentale per dimostrare che l’arte degli spettacoli, delle grandi compagnie di giro, che egli aveva ascoltato, avevavo arrecato danno al vero genere del flamenco.

La musica flamenco, oggi, è conosciuta in tutto il mondo, ed è considerata popolarmente piena di colore, gioiosa e parte della tradizione della vita spagnola. Secondo Paco Peña il flamenco è una forma d’arte che dà espressione alla maggior parte delle emozioni basilari dei sentimenti umani.













Le radici del flamenco risalgono a diversi secoli fa, al tempo in cui gruppi di gitani viaggiavano per la regione dell’Andalusia occupata dai Mori, nel Sud della Spagna, su un’area che gli Arabi hanno dominato per otto secoli.
Naturalmente i Mori hanno lasciato il proprio segno sulla musica Andalusa, durante tutto questo tempo, saturando ciò che già era un miscuglio di stili orientali. Con l’arrivo dei gitani, e della loro meravigliosa facilità per la musica e il ritmo, si ebbe una sommatoria di ciò che era già esistente con l’ultimo “tocco” gitano; e si creò il “flamenco”…

Nel 1981 Paco Peña fondò il “Centro Flamenco Paco Peña”, a Cordoba; più tardi divenne Direttore artistico del Festival Internazionale di chitarra di Cordoba; e quindi, nel 1985, primo professore di chitarra flamenco al Conservatorio di Rotterdam, in Olanda.

Nel 1995, il New York Times scriveva: ” Mr Peña è un virtuoso capace di abbagliare e risvegliare i morti. Egli combina rapide fioriture di fuoco con un senso coloristico di ombre e sfumature; qualsiasi ascoltatore non può richiamare alla memoria altro chitarrista con una più sicura padronanza di questo strumento”. Non senza sorpresa, i lettori della rivista “America’s Guitar” giudicarono Paco PeñaChitarrista Flamenco dell’Anno” per 5 anni di seguito”.
Più recentemente, Paco Peña ha collaborato con il direttore teatrale Jude Kelly per uno show spettacolare: “VOCES Y ECOS”; un viaggio sulla storia del flamenco e su i suoi momenti significativi. Questa nuova produzione guarda al flamenco di oggi ma anche a quello della sua arte nel passato; e riflette sull’enorme energia e sull’attrazione che il flamenco ha esercitato in tutti i tempi. “Voce y Ecos” è un viaggio musicale che ha l’obiettivo di spiegare l’alto grado di sviluppo del moderno flamenco, per chiarire la sua complessità dal ritmo tagliente e le sue variazioni nella danza, nella canzone e sulla chitarra. Ma, per prima cosa, ci aiuta a gettare uno sguardo indietro, alle radici, alle pure forme di questa accattivante arte, dando il dovuto rispetto alla tradizione, osservando l’enorme ispirazione di cui si sono nutriti gli artisti di oggi "rileggendo" le epoche passate. In breve, per mostrare che le originali veementi emozioni che ispirarono cantanti, danzatori e chitarristi del passato, continueranno a nutrire l’arte di oggi e rimarranno il sangue vitale del flamenco, sempre…
Come per le passate produzioni che hanno avuto successo mondiale e collaborazioni importanti (“Musa Gitana” e "Arte y Pasión”), la prima mondiale di “Voces y Ecos” avverrà al Peacock Theatre di Londra.

DISCOGRAFIA:


Dopo il successo della prima al”Salisbury Festival 2004”,
"REQUIEM FOR THE EARTH” è l’ultima incisione della compagnia di Paco Peña.

A ritroso nel tempo troviamo:
A COMPAS! To the Rhythm” (“A Ritmo!”, con la sua Flamenco Dance Company, per la Nimbus Records); con “A Compás! To the RhythmPaco Peña e la sua “Flamenco Dance Company” si sono esibiti al Perth Concert Hall, in Australia, per la presentazione del CD. Questa nuova produzione trasmette all’ascoltatore la originale forza naturale dei ritmi del flamenco, iniziando da quella tribale, che induce ad una specie di ‘trance’, detta “alborea”, fino alla penetrante, intensa, acuta ed affilata complessità della “buleria”; qui, ogni artista immerge se stesso profondamente nel ritmo, contribuendo con un proprio intervento creativo quando lo sente arrivare. I ritmi del flamenco sono vitali; la “compas” è come un impulso primitivo, come il ritmo della terra e… ognuno deve arrivare a percepirlo!













A FLAMENCO GUITAR RECITAL – Wigmore Hall Live” (con Angel Muñoz – Cajón, per la Wigmore Hall Live);
FLAMENCO MASTER – Essential Flamenco Recordings” (per la Manteca);
"ARTE Y PASIÓN – Live in Concert” (con The Losada, per la Nimbus Records);
MISA FLAMENCA” (con The Academy of St. Martin in the Fields Chorus, condotta da Lazlo Heltay, per la Nimbus Records); La “Misa Flamenca” (speciale 10 anni “Musica dei cieli”) è stata eseguita e rappresentata per la prima volta, nel 1991, al Royal Festival Hall di Lobdra. La “Misa” è una spettacolare coreografia di suoni, ballo e immagini, in cui un danzatore lega ed esprime i suoi movimenti alla preghiera del “Padre Nostro”, combinando il pathos di un canto liturgico cattolico all’anima flamenco-gitana.

LEYENDA” (con Gli Intillimani e John Williams, per la CBS);
ENCUENTRO” (con Eduardo Falú, per la Nimbus Records);
AZAHARA” (per la Nimbus records);
FRAGMENTES OF A DREAM” (con Gli Intillimani e John Williams, per la CBS);
MUSIC BY RAMÓN MONTOYA AND NIÑO RICARDO” (per la Nimbus Records);
FLAMENCO VIVO – Live in Munich” (per la Aconcagua);
LIVE AT SADLER’S WELLS –London” (per la Decca);
LIVE IN LONDON” (per la Decca);
THE FLAMENCO WORLDS OF PACO PEÑA” (per la Decca);
LA GHITARRA FLAMENCA” (per la Decca);
FLAMENCO FESTIVAL” (per la Decca);
FABULOUS FLAMENCO” (con Guillermo Basilisco, per la Decca).
THE ART OF FLAMENCO GUITAR” (per la Decca),
FLAMENCO PURO LIVE” (per la Decca); Paco Peña ha mostrato di aver elaborato nuove idee e vari nuovi concetti, anche sfide per illuminare altamente il significato essenziale della canzone flamenco, come ha fatto nello show “Flamenco Puro” e nel dramma “Musa Gitana”, che ebbe una storia leggendaria nel 20° secolo; in quest’opera si parla di un artista di Cordoba, Julio Romero de Torres, e della sua complessa vita sociale, delle sue passioni personali traumatiche.

PACO PEÑA PRESENTS THE ART OF FLAMENCO” (per la CBS);
FLAMENCO GUITAR” (per la Phillips Fontana);
CARNIVAL” (con Los Maracuchos, per Fontana).


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Saturday, April 12, 2008

TARAF de Haidouks

I LAUTARI o LIUTARI "Taraf de Haidouks", suonatori itineranti rumeni.

Orchestra di Gitani rumeni al Parco della Musica di Roma. Una lunga e coinvolgente esecuzione, piena di energia e di comunicazione gioiosa. Il doppio canto, "a risposta", tra i festanti gitani. Pubblico affascinato dai ritmi e dai virtuosismi dei violini e delle fisarmoniche. Accompagnamento ritmico con battito di mani. Gli spettatori scendono numerosi al proscenio per danzare.


















Il più famoso gruppo zigano al mondo presenta il suo nuovo CD "Maskarada": un progetto originale dedicato ai compositori classici che si sono ispirati a temi delle musiche tradizionali gitane. Dai Balcani alla penisola iberica, dall'Inghilterra alla Russia, compositori classici hanno attinto alle musiche delle minoranze nomadi(specialmente Rom). I Taraf de Haidouks si riappropriano e reinterpretano brani di autori come Bartok, Khachaturian, Ketelbey e Manuel de Falla. L'album live "Band of Gipsyes' è stato premiato dalla BBC3 al World Music Awards.
I Taraf de Haidouks hanno partecipato ai più prestigiosi festival internazionali in Francia, Inghilterra, Giappone, Usa, Canada, Germania, Italia, Brasile. Hanno suonato con il Kronos Quartet, sono stati ospiti della TV italiana ed hanno partecipato al film e alla colonna sonora de "L'uomo che pianse" di Sally Potter, con Johnny Depp,il quale ha dichiarato:"
Per me i Taraf rappresentano un modello per il modo di affrontare la vita. Malgrado tutto quello che hanno dovuto affrontare, sto parlando del razzismo contro i nomadi che esiste ancora oggi, queste persone fanno una musica che esprime una gioia intensa. Hanno il dono di farti sentire vivo. Sono tra le persone più straordinarie che ho mai conosciuto
".







I Taraf de Haidouks con Johnny Depp (il primo a sin. in prima fila) nel fil "L'uomo che pianse" di Sally Potter (2004).


Cliccare sull'immagine per ingrandirla.








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ALTRI MUSICISTI TZIGANI

Les Rois du Tzigane: Yoska NEMETH, Paul TOSCANO, Mathias JONAS, Michael IONESCO





Una foto... al trillo dei violini...





I GITANI

Un popolo in gran parte ancora nomade, anche se molti gitani hanno scelto di vivere in appartamenti comuni alle altre popolazioni. Sono più o meno sparsi in tutto il mondo, ma specialmente nei paesi dell'Asia anteriore e nell'Europa sud orientale. Le origini di questa popolazione sono state molto discusse; oggi si può affermare, in base alla lingua da essi parlata, che il loro luogo di provenienza è l'India; naturalmente questo linguaggio (detto anche tzigano) ha subito significative modificazioni nel lungo errare di queste genti che sono venute a contatto con le diverse nazioni. Spesso la provenienza indiana è rivelata unicamente dal vocabolario, mentre la grammatica risulta in gran parte tolta a prestito dalle lingue dei paesi dove gli Zingari hanno soggiornato.
Anticamente l'opinione più diffusa li faceva derivare dall'Egitto ( da cui i nomi di
gitanos o gypsies con i quali sono chiamati rispettivamente in Spagna e in Inghilterra, mentre in Francia si dicono bohemiens per una presunta provenienza dalla Boemia).
Gli Zingari si danno comunemente il nome di Rom e Manush (dal sanscrito manu=uomo, da cui il tedesco Mann e Mensh).





Il tipo somatico più comune presso gli Zingari richiama l'origine indiana; in genere hanno capelli neri, statura media, colorito olivastro, occhi con l'iride scura.
Esercitano per lo più i mestieri di calderai, mercanti di cavalli, giocolieri e suonatori. Le donne amano gli ornamenti vistosi e portano abiti lunghi colorati e con fantasie nel disegno; esse indossano anche mantiglie e si ornano con pendagli in oro, collane di pietre colorate o di monete; si dicono portattrici di buona fortuna e lettrici del destino, osservando i segni della mano.
Moltissimi gitani hanno attitudini eccezionali per la musica e, in special modo, le orchestre tzigane della Romania e dell'Ungheria sono molto apprezzate e conosciute in tutto il mondo.
I gitani spagnoli dell'Andalusia suonano chitarre in modo del tutto particolare e cantano e ballano il flamenco e il fandango.




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FLAMENCO a Roma - Teatro Italia











a Roma



Canti e danze del folclore andaluso.
(di Ettore Mosciano)
La leggenda che circonda ancora oggi le origini del flamenco, del “Canto Jondo o Canto Hondo” e delle diverse forme d’espressione musicale e coreografica dei gitani andalusi, sembra oggi un po’ meno evanescente. Costoro, venuti in Spagna intorno al XV sec. furono perseguitati e scacciati dalle Forze Reali e dopo lungo tempo, per ‘guadagnarsi le città’, s’integrarono nella malavita cittadina della Spagna.
Flamenchi”, dunque, sono divenuti i gitani a contatto degli autoctoni esperti in delinquenza. Questo termine gergale tutt’al più riguarda per fortuna il suo senso principale: la vivacità orgogliosa e piena di fuoco, che si applica mirabilmente allo spirito di certa arte magica ed ispirata che è il flamenco.
L’essenza stessa del repertorio gitano sta, ancora prima dell’arrivo dei Gitani in Spagna, nel contesto musicale spagnolo dell’epoca, dove si trovano i canti bizantini adottati per la Chiesa spagnola e la musica araba, che ha offerto d’altro canto similitudini con queste prime tendenze, come già visto nel sistema orientale e persiano.
Sprovvisti di tradizione musicale propria, i gitani s’appropriarono di quelle a loro offerte dai nativi del luogo. Col passare dei secoli essi fecero di questo folclore, che fu a loro estraneo in origine, una cosa propria e l’arricchirono di un apporto personale essenziale, da qui il “flamenchismo”: questa passione fervorosa, angosciante, orgogliosa che è la cifra stessa della razza, senza la quale sarebbe una forzatura la qualità di ciascuno dei suoi rappresentanti ad avere tendenze a troppa immaginazione.
Quest’arte flamenca dispone di tre mezzi essenziali d’espressione: la chitarra, il canto e la danza. Sul piano della tecnica e dell’analisi, sulle forme complesse che compongono il patrimonio gitano, vi è un riferimento a Manuel de Falla, in particolare, che ebbe il merito di averne scoperto le linee di forza.
Brevemente, si può dire che queste linee definiscono un sistema ancora molto vicino agli schemi melodici ed armonici originali: impiego dell’armonizzazione come mezzo di modulazione, con uso continuo di micro-intervalli che permettono una varietà espressiva inesauribile all’interno di un ambito ridotto, generalmente a intervalli di sesta ed in un clima di variazione armonica costante che con la chitarra si vuole solo risolvere in modo netto e “definito” ( nelle forme moderne, d’accompagno). A questo si giunge in effetti quando si carica la formula armonica e ritmica di base con i “tocchi”. Ma si usa ugualmente variare la stessa formula all’infinito, nel corso del suono, per sottili variazioni o con l’impiego di due tecniche essenziali dello strumento, il “rasgueado” (il “suono sfregato”) e il “punteado” (il “suono pizzicato”), arrivando a combinazioni sonore estremamente complesse.
A questi due aspetti vocali e strumentali si aggiunge o si sovrappone il terzo elemento, la danza, che può passare dal ritmo gioioso-effervescente a un movimento di significazione più alto: lo scongiuro delle forze ostili del destino.
Cadix (Cadice), situata di fronte all’Atlantico, su una vicina isola, all’estremità sud-ovest dell’Andalusia, è stata celebre nell’antichità per le sue danze e i suoi canti.
Ai nostri giorni, lo stile “gaditan” o "del canto popolare" costituisce, per le sue antiche radici, una delle varietà più caratterizzate del folclore andaluso; ed esso, incontestabilmente, è stato molto influenzato dalla musica greca e dalla musica berbera
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A confronto il genere “sevillan” è lieve e allegro. Lo stile di Cordova ha una purezza severa e aristocratica. Lo stile di Malaga porta con sé una malinconia che richiama la musica orientale; e quello di Cadice appare più complesso: oscilla tra la gaiezza ironica di un “tanguillo” e l’asprezza tragica di un “tiento”, la più caratteristica delle danze cantate di questa regione.
Fatto per accompagnare la vita, dall’infanzia alla morte, per accompagnare le tristezze, l’amore, il lavoro, le stagioni, l’arte musicale dei Gitani è emanazione spontanea riuscita che lascia, al di là della sua scatenata ispirazione, una costante armonia che ha il colore della gioia.
Il flamenco comprende una grande varietà di forme che sono state portate al massimo grado di sofisticazione dagli esecutori concertisti.
Anche il FANDANGO è una danza cantata spagnola, sorta verso la fine del ‘600 e diffusa soprattutto in Andalusia. Di ritmo ternario e d’andamento vivace, generalmente accompagnata da chitarra, nacchere e tamburello. Un celebre fandango è contenuto nel “Capriccio spagnolo” di Rimskij-Korsakov.

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IRLANDA - THE BEST OF IRELAND

Commemomorating the "Fligt of the Earls" - ROME, april/May 2008




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